«Le condotte così come poste in essere configurano il più grave reato di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso». Dunque non una frode sportiva bensì un più articolato sistema che non coinvolgeva direttamente i calciatori e gli staff tecnici bensì dirigenti e vertici delle due società sportive. E’ parte di una delle due ordinanze del Tribunale di Bari con cui ieri sono finiti in manette oltre 130 persone con diverse accuse e con due differenti filoni di inchiesta ma tutti sotto un’unica operazione “Codice interno”. Tra le tante accuse anche i rapporti tra imprenditoria, clan e risultati sportivi alterati, secondo gli inquirenti, per avere dei vantaggi nei campionati ma anche al fine di arricchirsi. Ed è proprio quanto contestato, in particolare, all’ex presidente del Corato Calcio Giuseppe Maldera finito ai domiciliari. Sotto la lente di ingrandimento in particolare almeno due partite della squadra neroverde: la prima è la finale playoff del torneo di Promozione giocata ad aprile del 2017. Sul campo la partita terminò per 1 a 0 per il Corato contro la Fortis Altamura. Poi al termine della stagione entrambe furono comunque ripescate in Eccellenza dando vita ad un altro confronto, quello di ottobre del 2018 quando vinse la Fortis dell’allora direttore generale Giuseppangelo Barracchia finito in carcere anche per altri reati e per la sua vicinanza al Clan Parisi di Bari.

Le due partite sono il risultato, secondo gli inquirenti, di un complesso meccanismo messo in moto proprio dall’allora patron del Corato Giuseppe Maldera. Sarebbe stato lui, infatti, a «cercare senza risultato un accordo con i referenti mafiosi della Fortis Altamura (legati ai Parisi di Bari) – si legge nelle carte dell’inchiesta. A quel punto si sarebbe rivolto a Mario Dammacco (anche lui arrestato nell’ambito dell’inchiesta e finito in carcere), noto esponente del “clan Strisciuglio”, al fine di ottenere la vittoria della partita di calcio di playoff di Promozione». Una richiesta che sarebbe stata corroborata dal versamento di alcune quote in denaro al clan. Dammacco, stando a quanto ricostruito dalle indagini, sarebbe intervenuto prima della partita «mediante minacce e violenze sui giocatori e dirigenti della squadra dell’Altamura», generando così timore negli stessi. Tale condotta, scrive ancora il gip nell’ordinanza, avrebbe avuto l’effetto di accrescere la capacità di penetrazione del clan Strisciuglio nel tessuto economico ed imprenditoriale.

Lo “sgarbo” avrebbe poi provocato non pochi malumori nel clan Parisi così da dover corrispondere una somma identica per “risolvere” l’incidente creatosi. I giudici, scrivono però a chiare lettere che «non solo non vi sono elementi per ritenere che i giocatori o l’arbitro avessero ricevuto denaro o utilità per truccare la partita, ma è emerso che gli stessi venivano minacciati anche con atti violenti per costringerli a giocare per raggiungere un determinato risultato imposto».

Nella faccenda è coinvolto anche l’allora responsabile dell’area tecnica del Corato Calcio Dario Loporchio, anche lui ai domiciliari, ed anche lui accusato di estorsione ma senza l’aggravante mafiosa.